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Il digitale rispetta le sfumature di una archtop?
Il digitale rispetta le sfumature di una archtop?
di [user #32554] - pubblicato il

Sono tutti bravi a progettare un simulatore digitale in grado di offrire distorsioni spinte e compresse per il rock e il metal, mentre è davvero difficile rispettare tutte le sfumature di uno strumento di alto livello in un contesto prettamente clean. Vediamo se il digitale è davvero così avanzato armati di una Ran De Gal, di una pedalboard Zoom e di un ampli boutique JazzKat.
Sono tutti bravi a progettare un simulatore digitale in grado di offrire distorsioni spinte e compresse per il rock e il metal, mentre è davvero difficile rispettare tutte le sfumature di uno strumento di alto livello in un contesto prettamente clean. Vediamo se il digitale è davvero così avanzato armati di una Ran De Gal, di una pedalboard Zoom e di un ampli boutique TomKat.

Ormai da diversi anni in studio, principalmente per le preproduzioni, capita di utilizzare soluzioni digitali anziché amplificazione ed effettistica tradizionali ottenendo risultati stupefacenti. Inoltre, in studio si può controllare praticamente qualsiasi parametro fino a confezionare un suono credibile e realistico. Lo dico da fortunato possessore degli stessi ampli che vado a simulare con Guitar Rig o un multieffetto Line 6 (Marshall, Mesa, Engl, Fender, Vox ecc). A volte il confronto è schiacciante in favore dell'ampli, a volte invece si può rimanere sorpresi dal livello qualitativo della simulazione. Tutto questo in studio di registrazione, dove grazie agli ascolti dati da monitor super trasparenti, preamplificatori, equalizzatori, suonando in ambienti trattati acusticamente, la cura nei dettagli sonori a volte rasenta la vera paranoia.
Ma, dal vivo, questi simulatori d'amplificatore come si comportano? Certo, perché la situazione live è davvero tutt'altra storia che lo studio recording, dal vivo le sensazioni si devono tramutare in emozioni trasmesse attraverso la strumentazione.
La chitarra ovviamente è lo strumento che ci deve trasmettere buone sensazioni per farci suonare bene, ma anche l’ampli, sopratutto in situazioni live che prediligono suoni clean, è fondamentale.

Mi hanno fornito diversi stomp box digitali Zoom, e in particolare sono stato subito golosamente attratto dalla piccola pedaliera G3. Avendola poi vista tra le mani, anzi tra i piedi dell'esigente Gianni Rojatti, mi sono subito chiesto: in ambito jazz con una signora semiacustica, come si comporterebbe la G3?

Il digitale rispetta le sfumature di una archtop?

La scelta è caduta sul mio strumento principale, la fida RanDeGal modello 16, in quanto archtop quindi con il suono più delicato che si possa avere in termini di “acusticità", senza voler entrare nel merito di quanto suono acustico passa attraverso il pickup. Basti pensare che in studio abbiamo fatto delle prove cambiando una decina di ponticelli di legni diversi e ognuno rimanda a differenze timbriche, piuttosto che il plettro o il capotasto, figurarsi quanto lo strumento nel suo insieme influisca nel modo di vibrare e nell’amplificare le armoniche.

Il primo pensiero è che, essendo la Zoom G3 un oggetto digitale, non si può ovviamente parlare di true bypass o di analogico: il suono passa totalmente attraverso un convertitore DSP, quindi digitalizzato per essere elaborato e infine riconvertito per essere amplificato.

Da un lato del “ring” ho adottato il JazzKat TomKat, amplificatore boutique americano, dismesso da qualche tempo nei live in quanto molto delicato e non sempre affidabilissimo, ma dotato di un’uscita DI strepitosa per verità sonora rispetto a ciò che esce dal cono del piccolo combo. Risulta assolutamente trasparente e veritiera anche in quelle situazioni live dove l'ampli è lontano da me e difficile da sentire sentirlo, dove l'ascolto è quindi totalmente affidato ai monitor sfruttando quindi il segnale DI dell’ampli. Dal vivo, le esigenze dinamiche, di ascolto, la pancia sui bassi che mi aiuta ad accompagnare in un certo modo piuttosto che la fedeltà nel riprodurre certe sfumature che ottengo dalle corde sono sensazioni di cui necessito tanto quanto di uno strumento in ordine.

La G3 è dotata di diverse simulazioni, quindi non mancano Fender, Marshall, Mesa, Vox, ampli per acustiche e combo a transistor.
Per questa prova ho adottato un combo Fender, ho semplicemente aggiunto un equalizzatore grafico e un riverbero il più simile a quello del Tom Kat.

Ho testato a fondo per una quindicina di giorni, spremendola in quattro live e due turni in studio, arrivando a confezionare un suono credibile e verosimilmente rassomigliante a quello dell'ampli, anche se non ho ricercato per forza l'imitazione ma semplicemente la credibilità.
Si potrebbe sollevare una discussione sul perché non ho utilizzato un Fender Twin anziché il Tom Kat per avere un confronto sullo stesso stile di suono. Il motivo è presto detto: non essendo il Fender dotato di uscita DI, avrei dovuto microfonare l'amplificatore inserendo una variabile nel routing non prevista dalla G3. La prova è quindi in realtà: uscita in DI dell'ampli contro l'uscita sempre bilanciata XLR (cannon) della G3.


Lascio a voi il giudizio sui due suoni, personalmente e semplicemente dopo pochi attimi mi dimenticavo di suonare senz'ampli, le sensazioni, tocco dinamiche, pancia e risposta ci sono tutte, davvero un ottimo risultato e il suono della RanDeGal è rimasto intonso e perfetto come papà Erich lo ha concepito.

Il digitale rispetta le sfumature di una archtop?
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