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Epiphone Electar LTD: l'abito non fa il monaco
Epiphone Electar LTD: l'abito non fa il monaco
di [user #13268] - pubblicato il

A volte, le riedizioni celebrative di un vecchio amplificatore non sfigurano di fronte all'originale, altre volte addirittura lo superano secondo alcuni. Nel caso dell'Electar Century del 75esimo anniversario, invece, suona semplicemente diverso, ma bastano alcuni accorgimenti per riportarlo sul giusto binario.
A volte, le riedizioni celebrative di un vecchio amplificatore non sfigurano di fronte all'originale, altre volte addirittura lo superano secondo alcuni. Nel caso dell'Electar Century del 75esimo anniversario, invece, suona semplicemente diverso, ma bastano alcuni accorgimenti per riportarlo sul giusto binario.

Da qualche tempo ho scoperto gli amplificatori Gibson vintage. Ho la fortuna di possederne tre, ovvero un GA 30 del '50 (il mio ampli principale), un GA 90 e un BR9. Questa breve premessa è, secondo me, necessaria.
Durante le mie ricerche/attacchi di GAS, ho trovato alcuni interessantissimi ampli Epiphone, tra cui appunto lo Zephyr Electar. Subito colpito dall’estetica, ho cominciato una, ahimè, infruttuosa ricerca, finché proprio qui su Accordo ho letto della riedizione dell’ampli: un piccolo 18W con tre canali e controlli di tono, volume e boost che, estetica a parte, sembra poco rispecchiare le caratteristiche dell’antenato.
Attratto dall’estetica e dal costo contenuto, ho deciso di ordinarlo. Ebbene, qualche giorno fa è arrivato e, dopo una lunga prova, posso fare alcune considerazioni che, vedrete, verranno divise in due sezioni".

In questa recensione userò spesso il termine "vintage" che, secondo me, significa tutto e niente. Esistono infinite concezioni di ciò che è vintage sommate alla percezione/gusto personale di ogni musicista. In questo caso, con vintage intendo quelle sonorità tipiche degli amplificatori Gibson degli anni '40-'50 (oltre agli ampli che possiedo, ho avuto la fortuna di ascoltare un bellissimo EH 185 o 180, non ricordo), nonché dell’Electar originale di cui, purtroppo, ho sentito solo demo su YouTube, quindi tutte le considerazioni relative al suono del modello originale sono da prendere abbastanza con le pinze.
La prova è stata effettuata con una Gibson Les Paul standard del '92 con pickup Antiquity, wiring '59 più un TS9mod808.

Epiphone Electar LTD: l'abito non fa il monaco

Che cosa è l'Electar
In primo luogo, l’ampli si presenta davvero bene: profuma di legno, è ben assemblato, ma purtroppo non è dotato di cover (la bellezza di questo ampli meriterebbe di essere preservata da graffi e via dicendo).
Aprendo il cofano, risaltano subito le valvole (12AX7 e 6V6) marchiate con un generico "Electar" accompagnato dalla scritta "Made in China".
Il cono è anch’esso marchiato Electar (credo sia Eminence): è un 12 con magnete di dimensioni generose, ben fissato al buffle.
Accendiamo il piccolino, non dotato di controllo standby, e vediamo di cosa è capace.

Il suono cambia da un canale all’altro: il nome dei canali è abbastanza indicativo. Il canale Bright risulta, a mio avviso, eccessivamente bright, quindi decido di concentrare le prove sugli altri due canali. l controlli rispondono bene e c’è abbastanza volume per piccole situazioni live.
Sul canale Normal, l’ampli offre un pulito interessante: i bassi sono molto definiti, ma non molto presenti. Gli alti risultano gradevoli e ben definiti, si nota subito una forte presenza dell’attacco, che risulta essere particolarmente brillante e reattivo.
In pulito, senza alcun pedale, è facile passare alla posizione centrale e del manico della Les Paul senza dover combattere con l’eq (spesso, per rendere chiare queste posizioni, sono stato costretto a sacrificare un po' il pickup al ponte, dovendo aprire l’eq e chiudere il controllo dei toni o del volume del pickup in questione).
Anche nelle due posizioni indicante prima si nota lo stesso carattere, ovvero definizione e attacco particolarmente accentuato e scintillante.
Alzando il volume al massimo si ottiene un leggero crunch, nulla di particolarmente aggressivo. Il suono è, appunto, croccante e al contempo definito, le alte spiccano e l’attacco diventa ancor più punchy.
Il controllo di boost offre maggior guadagno e, di conseguenza, un aumento del volume percepito.
In realtà, a meno che si metta il volume al massimo, non si otterranno mai overdrive particolarmente spinti. Il discorso cambia se attiviamo il boost con il volume al massimo: l’ampli ruggisce, tirando fuori un crunch importante che presenta tutte le caratteristiche elencate prima. Appare difficile, così com’è, tirare fuori un suono lead interessante da questa soluzione: il suono manca di compressione e risulta un po’ sottile, manca un po’ di cremosità. Tuttavia è un eccellente crunch ritmico che dà diverse soddisfazioni se si suona rock o hard rock.

Epiphone Electar LTD: l'abito non fa il monaco

Provo adesso con il TS9. In leggero overdrive, l’ampli si comporta davvero bene, restando pulito e definito, risaltando nuovamente un attacco particolarmente vivace.
Cerchiamo di tirar fuori un bel lead bluesy. Smanettando con toni, volume, boost e pedale (senza particolari patemi), si ottiene un lead abbastanza ruggente, con bassi definiti e alti frizzanti. Mancano un po’ le medie: il suono non è particolarmente cremoso, ma risulta comunque credibilissimo e mai fastidioso. Risalta, ancora, l’attacco: in condizioni del genere, diventa davvero punchy, quasi in faccia direi, molto presente, veloce con una predilizione sulla gamma medio-alta. Ne esce fuori, in sintesi, un lead un po’ incazzatello (viene quasi naturale suonare G’n’R, Skid Row et similia). Diminuendo il gain, rimanendo in un settore di medio-pulito, l’ampli resta chiaro e intellegibile, non perdendo una singola nota.

Il canale Dark riesce a modificare il carattere dell’ampli portandolo a ridurre quella sorta di aggressività nell’attacco. Tuttavia, questo si nota solo nei puliti o in condizioni di gain basso. Appena si alza un po’ la manopola del guadagno o si tira fuori un suono da solo (diciamo), nonostante la buona risposta dei toni, l’ampli mostra il carattere illustrato in precedenza, ovvero molta definizione nei bassi a discapito della presenza, attacco scintillante e particolarmente in primo piano.
Apro una piccola parentesi. Il mio armonicista era curioso di provare l’ampli e di confrontarlo con il suo Pro Junior. Il confronto è stato impari e il più blasonato Pro J ne è uscito con le ossa rotte!
A differenza del piccolino di casa fender, l’Electar ha una soglia di resistenza al larsen molto superiore. Questo permette di alzare il volume sia del microfono sia dell’ampli. Il suono è molto più vivo e ricco rispetto al Pro Junior che non riesce a restituire lo stesso calore. Bellissima sorpresa!

Epiphone Electar LTD: l'abito non fa il monaco

Che cosa non è l'Electar
Appare evidente che l’ampli è tutto fuorché vintage-oriented (se non nell’estetica). L’attacco troppo vivace, la brillantezza e la definizione lo rendono un ampli molto lontano dalla sonorità Gibson-Electar originale e, in generale, da quel suono jazzy, chiuso e caldo.
Se l’EH-185 (per quel che ricordo) e il GA 30 con l’aumentare del volume restituiscono un overdrive cremoso, compresso nel modo giusto, l’Electar resta troppo vivace e in faccia. Con il GA 30 è possibile ottenere un overdrive morbido, con un attacco grosso, incentrato sulle medio-basse. Il suono è molto jazzy, quasi pachidermico, caldo, compresso, dinamico e molto educato (fidatevi, bisogna faticare parecchio per ottenere suoni brillanti da questi ampli – escludendo la serie Crestline).
L’attacco dell’Electar è troppo presente e punchy; l’eccessiva definizione allontana molto quelle sonorità jazzy che i vecchi ampli Gibson e, a quanto pare dai video, l’Electar originale non faticano a offrire.

La curiosità non è mai troppa, quindi decido di mettere delle belle valvole NOS e montare il cono del GA 30 sull’ampli di casa Epiphone. Il cono è un vecchio Magnavox da 12 pollici: è un cono fantastico, consiglio vivamente questa marca. Piuttosto che spendere soldi sulle riedizioni Jensen (mediocri a mio avviso), cercate questi coni. Sono davvero ottimi, rappresentano una valida alternativa ai Jensen originali e si pappano in un sol boccone le odierne riedizioni.
Tornando in tema, posso solo dire che adesso ci siamo quasi. Queste piccole modifiche fanno sì che l’ampli si avvicini moltissimo alle sonorità jazzy del suo progenitore. Il suono è molto più morbido e composto, l’accento sull’attacco tende a ridimensionarsi, dando giustizia all’estetica dell’amplificatore.

In conclusione, l’Electar stock è un ampli eccellente per armonica, in grado di fornire delle sonorità moderne molto credibili e interessanti. Senza alcuna modifica, molti apprezzeranno questo piccoletto che ha tanto volume, grinta e accetta di buon grado i pedali.
Chi, invece, cerca un ampli vintage-oriented potrebbe restare deluso (qui tornano in gioco le considerazioni precedenti: ognuno ha la propria concezione di vintage). Così com’è, l’Electar è troppo punchy, definito e cristallino (non in maniera negativa), parecchio lontano dalle sonorità degli amplificatori Gibson jazzy (diciamo) e dell’Electar originale. Tuttavia, è sufficiente un veloce cambio di valvole e cono. Secondo me, è proprio il cono il maggiore sospettato, ma c’è poco da sorprendersi: in questa fascia di prezzo è risaputo che il cono rappresenta sempre, o quasi, il punto debole.
In sostanza, mi sento di consigliare questo amplificatore: ha un’estetica molto accattivante e una tavolozza sonora interessante che potrebbe far felici diversi chitarristi (e molti armonicisti). Per chi invece vuole rendere giustizia al nome e all’estetica dell’Electar, basta poco: valvole NOS e un cono più adatto (Magnavox!).

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