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Il progetto Echosex 2°
Il progetto Echosex 2°
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Negli ultimi anni, Gurus si è dedicata a un progetto ambizioso: racchiudere la magia del Binson Echorec in uno stompbox valvolare che fosse diverso da qualunque altro delay in commercio. Il risultato sichiama Echosex 2°, e Gurus ci racconta la sua storia.
Negli ultimi anni, Gurus si è dedicata a un progetto ambizioso: racchiudere la magia del Binson Echorec in uno stompbox valvolare che fosse diverso da qualunque altro delay in commercio. Il risultato sichiama Echosex 2°, e Gurus ci racconta la sua storia.

Il progetto Echosex 2° parte da lontano, quasi due anni fa da un’idea lanciata dal grande Tullio Ferro (autore delle più belle canzoni di Vasco Rossi nonché autentico appassionato del Binson Echorec), raccolta da Guglielmo (che da tanti anni è considerato uno dei migliori restauratori di Echorec e ne ha visti, provati e rimessi al mondo davvero tanti) e avvalendoci anche dell’aiuto di Giampaolo Noto (esperto dell’universo Gilmour e dell’utilizzo del vecchio Echorec nel contesto Pink Floyd).

L’idea era quella risolvere alcuni dei problemi principali che affliggono l’amato Binson da sempre, a cui giocoforza i fortunati possessori devono sottostare perché comunque la sua “voce” supera di gran lunga qualsiasi altro effetto in commercio, e i suoi problemi passano pertanto in secondo piano.
Il primo problema è senz’altro legato all’affidabilità e, se è un problema sopportabile per uno che lo tiene in studio di registrazione per una take ogni tanto, rende l’oggetto davvero snervante in contesti tipo tour, dove non ci si può permettere di dover sistemare problemi tecnici troppo frequenti. Lo stesso Gilmour dichiarò una volta scherzosamente di essere una delle due persone al mondo capace di rimettere in sesto un Echorec con dei problemi.
Fra gli altri “problemi” che non sono poi problemi ma definibili più correttamente “limiti” che fecero si che poi venne dismesso anche dallo stesso Gilmour, vi è sicuramente la scarsità del tempo di ritardo disponibile, di circa 310ms.
Annoverate invece fra le features che rendono ricercatissimo e insostituibile il Binson, c’erano la sua voce e quegli aloni eterei e mistici che sapeva creare solo lui e che non sono stati mai riprodotti da nessun delay moderno. Oltre ciò aggiungiamo anche il fatto che la preponderanza della parte meccanica, con la sua conseguente usura, rendeva il suono e l’effetto di ogni esemplare differente dall’altro, alimentando così miti e leggende.

Ecco, da qui siamo partiti, dall’idea di riproporre qualcosa che salvasse ciò che i chitarristi più ricercano in un Binson, tralasciando alcune feature meno ricercate e cercando contemporaneamente di risolvere alcuni dei problemi e dei limiti sopra descritti in modo da creare un oggetto che sapesse riportare in vita le sensazioni che solo un vecchio Binson sapeva dare, ma senza sborsare migliaia di euro e dovendo ingoiare comunque una buone dose di rospi.
Il risultato di più di un anno di lavoro è stato Echosex 2°, un oggetto anzitutto bellissimo che evoca pienamente la sensazione di avere un dispositivo antico e moderno allo stesso tempo. Sa portarci in quell’era grazie al suo pannello illuminato e ai numerosi richiami all’originale e quindi accogliendoci da subito in un territorio familiare.

Il progetto Echosex 2°

I controlli rispettano il simpatico e un po’ maccheronico naming di casa Binson e anche nel caso del controllo aggiunto ex-novo è stato mantenuto lo stesso stile, optando per “Age Of Damage” per la parte che simula appunto l’invecchiamento e l’usura del proprio Echosex 2°.
La costruzione è robustissima e ben ingegnerizzata. In poco spazio trovano posto tutti i controlli, una valvola preamplificatrice e anche i dip switch sul pannello laterale che permettono di settare l’oggetto in differenti modalità, sia per poter rifare alcune cose che si facevano col Binson, come utilizzarlo come semplice preamplificatore valvolare-boost (per esempio sulla voce, fiati, tastiere), sia per settare al meglio i livelli di ingresso/uscita per posizionarlo liberamente front-amp o nel loop effetti, oppure per decidere se far finire l’effetto non appena si preme il footswitch o se si desidera lasciarlo sfumare.
Al centro fa bella mostra di sé un doppio triodo 12AX7B bilanciatissimo e selezionato da Guglielmo, illuminato di verde e contornato da LED che seguono la dinamica del segnale in ingresso, per ricreare al meglio l’atmosfera che nel vecchio Binson era data dall’occhio magico.
A questo punto si arriva all’accensione e all’impostazione dei suoi comandi.
Il mix è affidato al controllo “Volume Echo” con cui potremo gestire la quantità di effetto desiderato fino al 50% in rapporto al segnale della chitarra.
Il controllo “Length of Swell” gestisce i feedback, ovvero la quantità di ripetizioni desiderate che vanno da una a infinite. La prima delle caratteristiche che conosciamo è appunto la possibilità di looppare all’infinito le ripetizioni, mandando in oscillazione l’apparecchio, schiarendole o scurendole grazie all’interazione con il controllo toni “Bass Treble” (che si occupa delle sole ripetizioni, come nel Binson) generando, se tenuto in prossimità dei suoi valori massimi, quei famosi loop psichedelici tanto cari ai fan dei Pink Floyd.
A questo punto si ragiona sui tempi. Dicevamo che il range di Echosex 2° rispetto al Binson è stato più che raddoppiato, portandolo a valori da 60 a 660ms. Con il controllo “ECHO” si è scelto di operare nella modalità più ricercata del Binson, ovvero quella della posizione 4 corrispondente alla singola testina più lontana e capace di generare il ritardo massimo disponibile (310ms.) che sull’Echosex 2° troviamo all’incirca fra la posizione 6 e la 7 e abbiamo lasciato la possibilità di poter modulare il tempo di ritardo come se stessimo utilizzando un normale delay.

Il progetto Echosex 2°

Il Controllo “Age Of Damage” è sicuramente la ciliegina sulla torta fra le tante feature che abbiamo riportato alla luce. Una delle sfide più grandi, infatti, era appunto quella di decidere come doveva suonare questo Echosex 2° poiché ogni esemplare Binson suona differente dall’altro. Questo era causato dall’usura delle parti meccaniche e dalla storia personale di quell’esemplare. Infatti vi sono dei particolari, per fare un esempio, come la ruota gommata spingidisco che era mantenuta spinta da una molla contro un perno. È evidente che se quell’esemplare lavorava poco, la gomma tendeva a schiacciarsi in quel punto, generando un effetto di variazione della velocità asincrona del disco stesso, che aveva quindi un incedere zoppicate che inseriva una sorta di modulazione, quasi una stonatura, e in accoppiata con boccole che si allargavano, testine che si spostavano… insomma si prefigurava parecchio lavoro di studio da fare per il Guru.
Il lavoro è stato lungo, ha richiesto parecchio impegno. Ricordo certe notti con Guglielmo a verificare i diametri, calcolare tempi. Ecco, così è nato “Age of Damage”, che permette in pratica di stabilire quanto vogliamo che il nostro Echosex 2° riproduca sul suono gli effetti del danneggiamento dato dal tempo e dall’usura.
L’effetto è meraviglioso, ha il sapore di una modulazione applicata, ma con una profondità che, a seconda delle altre impostazioni di Feedback e Tono, genera effetti davvero psichedelici fino ad arrivare a modulazioni di pitch se portato ai suoi valori massimi.
Le ripetizioni sono naturalmente generate dal più collaudato dei processori, il famoso PT2399 usato un po' da tutti nella storia, ma c’è da dire che anche qui Guglielmo ci ha messo del suo poiché, per ottenere il tipo di effetto che desideravamo, si è dovuto inventare ex-novo un applicativo che non esiste nella letteratura elettronica relativa a quel componente in commercio. Oltre ciò, va detto che poi il trattamento delle ripetizioni generate è lo stesso del segnale originario, poiché una volta create vengono “inanellate” nella stessa catena del segnale, passando per il preamplificatore valvolare e tutto il percorso analogico della macchina. Ecco perché non ha nulla a che vedere col suono freddo di tanti, seppur ottimi, delay digitali.

Il progetto Echosex 2°

Dicevamo che il controllo delle ripetizioni lavora in stretta sinergia con il controllo di Tono "Treble-Bass". Già, perché anche se molti non lo sanno anche nel Binson originale il controllo di tono non riguardava la macchina in generale, ma proprio solo le ripetizioni che vengono via via schiarite o scurite nel loro ripetersi.
Questo genera anche una maggiore predisposizione ad accentuare dinamicamente le note eseguite sui cantini, piuttosto che sui bassi e tenendo il controllo quasi tutto aperto verso gli alti si ottiene quel famoso "gnac-gnac-gnac" tanto caro ai possessori di Echorec.

Per concludere con un’opinione del tutto personale, trovo che Echosex 2° colga appieno l’obiettivo, cioè quello di ricreare "quel" suono, e dare "quelle" possibilità, perché ciò che ricerco IO in un Binson è la sua capacità di rivelarsi uno strumento musicale a sé stante, qualcosa che si suona e non che si limita a trattare un segnale. Ecco, Echosex 2° è certamente una macchina della creatività proprio come lo era il vecchio Echorec, con i suoi aloni eterei e magici, con la capacità di creare tappeti su cui tessere trame giocando con la dinamica del tocco, modulazioni e pitch shifting da fare a mano giocando con i suoi controlli per creare sonorità nuove, confezionare vestiti su misura per quell’arpeggio che abbiamo in testa e che prende vita quando entra in un Echosex 2°.

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