VINTAGE VAULT SHG MUSIC SHOW PEOPLE STORE
Corland: una storia valvolare italiana
Corland: una storia valvolare italiana
di [user #42463] - pubblicato il

Quando i grandi marchi dell'amplificazione mondiale scrivevano la storia, l'Italia non restava a guardare. Nel sottobosco di produttori e artigiani che hanno dato voce alle band della metà del secolo scorso, Corland è stata una realtà torinese capace di crescere e reinventarsi, dalla valvola al transistor fino all'echo.
Quando i grandi marchi dell'amplificazione mondiale scrivevano la storia, l'Italia non restava a guardare. Nel sottobosco di produttori e artigiani che hanno dato voce alle band della metà del secolo scorso, Corland è stata una realtà torinese capace di crescere e reinventarsi, dalla valvola al transistor fino all'echo.

Quando si parla di amplificatori vintage dedicati alla chitarra elettrica, il primo nome storico che mi balza in mente è Vox, subito seguito da Fender, Marshall, Hiwatt e via dicendo. Parliamo ovviamente di marchi che hanno segnato la storia del suono della chitarra elettrica, di cui possiamo godere ascoltando i dischi dei nostri miti del rock. A partire dai primissimi anni '60, anche l'Italia è stata grande protagonista nel campo dell'elettronica musicale. Diciamo la verità, spesso le case nostrane scopiazzavano gli schemi degli amplificatori esteri che loro stessi producevano per il mercato europeo. In quegli anni l'Italia era considerata un po' come la Cina odierna, ma l'ingegno e l'inventiva che il mondo c'invidia non solo conferivano una grande fiducia da parte dei produttori esteri, ma ci permettevano di sfornare strumenti dotati di innegabile personalità tutta italiana.
I brand italiani più famosi in questo campo sono sicuramente Binson, Davoli, FBT, Eko, Meazzi. Queste case ci hanno regalato amplificatori ed effetti per chitarra oggi molto ricercati, soprattutto tra i collezionisti stranieri.

Con questo articolo voglio parlarvi di un'azienda Torinese poco conosciuta oggi: Corland. Qualche mese fa ho avuto l'immenso onore di intervistare il papà di questa fabbrica di amplificazione audio, Camillo Orlando (da cui il nome Corland). Camillo si è dimostrato una persona molto cordiale, disponibile e con la brillantezza di un ragazzino nonostante gli 85 anni di età.

Emanuele: Sig. Camillo, mi vuol raccontare come è nata la sua Corland?
Camillo Orlando: Le descriverò parte della mia vita. Già da ragazzino avevo la passione per le costruzioni meccaniche, quelle di falegnameria, ma soprattutto per le costruzioni elettriche ed elettroniche. Nel 1948, a 18 anni costruivo le radio ancora in casa dentro uno sgabuzzino, e poi a 20 anni affittai un piccolo negozio dove iniziai la costruzione di amplificatori.
A quei tempi c'era una miseria nera, e di soldi ve ne erano pochini.
Le mie attrezzature me l'ero costruite da me, parlo della sega per tagliare i fogli di legno, della fresatrice per arrotondare gli spigoli delle casse, usando un piccolo motore trifase che per farlo funzionare con la terza fase usavo dei condensatori.

Corland: una storia valvolare italiana

Mi ero costruito anche un compressore con cui verniciare, usando un piccolo compressore da frigo che avevo trovato al mercatino delle pulci e applicando al motore una bombola. Funzionava benissimo. I primi telai li dipingevo alla vernice nitro tipo martellato, e prima che avessi il compressore usavo... non le dico cosa, perché si metterebbere a ridere.
Il mio orario era sempre superiore alle 16 ore, ma avevo vent'anni e non pativo.
A 15-16 anni andavo a studiare presso scuole private alla sera, compravo molti libri di elettrotecnica e altro, e li studiavo a letto prima di dormire fino alle tre di notte. Quando poi avevo già raggiunto un buon giro di lavoro, trovai in affitto un locale di quasi trecento metri quadri, e guardi il caso, quel locale era proprio dove da giovane andavo a studiare alla sera.
Nel 1950 ebbe inizio la moda delle chitarre elettriche, e questo mi diede l'idea di costruire i primi amplificatori per chitarra.
Feci diversi progetti e mi attrezzai in modo molto modesto per la loro costruzione. Mi diedi da fare a presentarli nei negozi di strumenti musicali, molti erano soddisfatti del buon funzionamento e cominciai a venderne un buon numero girando io stesso per i rivenditori di Piemonte e Lombardia.

E: Quindi la sua ditta cominciò a espandersi notevolmente...
CO: Nel giro di questi anni il lavoro aumentò di molto e dovetti assumere qualche ragazzo per far fronte agli ordini via via crescenti. Per velocizzare il lavoro brevettai un saldatore speciale che mi permetteva di montare un amplificatore che necessitava di tre ore di montaggio in sole due ore. Il funzionamento era molto semplice: premendo sull'impugnatura si procurava l'avanzamento dello stagno vicino alla punta, di conseguenza con la mano sinistra si teneva il pezzo e con la destra si avvicinava al punto da saldare.
Oggi con i circuiti stampati non avrebbe senso, ma in quegli anni il cablaggio era rigorosamente point-to-point e in questo modo non era più necessario fermare il pezzo sul banco, poi con la sinistra tenere lo stagno e con la destra il saldatore. Tutto questo faceva risparmiare più di un terzo di tempo di lavoro permettendomi quindi di vendere a prezzi migliori gli apparecchi e aumentarne la vendita.

Corland: una storia valvolare italiana

E: Mi parla dei primi amplificatori per chitarra da lei sviluppati?
CO: Nel 1955 presentai in Francia e in Belgio i miei apparecchi, e la vendita aumento di molto, tanto che nel 1960 arrivai ad avere una dozzina di dipendenti fra ragazze e ragazzi (tutti molto bravi). L'esigenza sempre più varia del mercato mi ha spinto a produrre diverse tipologie di amplificatori. A quei tempi le valvole costavano davvero poco ed erano di notevole qualità. Per gli amplificatori di piccola potenza usavo una sola EL84, una coppia di EL84 per i modelli da 20W, e per i modelli da 30/40 W usavo coppie di EL34. Per i modelli da 100 W doppie coppie di EL34. È importante notare che tutti gli amplificatori a valvole avevano impedenza d'uscita da 4OHM.

E: Gli amplificatori di sua produzione più famosi sono quelli appartenenti alla serie "K"...
CO: Il marchio "K" era stato dato per identificare il tipo di ogni modello in relazione alla sua potenza. Per esempio K40 era da 40W, K100 da 100W e via dicendo.

Corland: una storia valvolare italiana

E: Ho avuto modo di metter le mani su molti dei suoi amplificatori, dotati tutti di ottima componentistica. Mi vuol dire qualcosa sui suoi fornitori?
CO: Parto dagli altoparlanti. All'inizio utilizzavo quelli prodotti da Radioconi, forse il primo produttore di altoparlanti in Italia. Avevano un ottimi suono ma con il tempo decisi di cambiarli perché a volumi molto alti, con la chitarra, le ampie oscillazioni della membrana guastavano i capicorda.

Corland: una storia valvolare italiana 

Dal 1959 decidemmo di utlizzare quelli Melody (oggi Ciare) per la loro indiscussa qualità e robustezza. Come valvole usavo quasi sempre le tedesche RFT. I trasformatori inizialmente erano costruiti dalla TRM di Milano, con il passare degli anni iniziammo a costruirli in casa. Cambiavamo spesso fornitore di potenziometri, in maniera dipendende dal prezzo al momento.

E: A un certo punto è passato al transistor. Come mai?
CO: Verso il 1975, nel giro di un mese, dovetti passare dalle valvole ai transitor.
Questa decisione era dovuta al fatto che all'improviso le EL34 non erano più reperibili, a meno di pagarle tre volte tanto. Per i primi modelli non fu cosa semplice, e col tempo dovetti apportare diverse modifiche per migliorarne la qualità.

E: Oltre agli amplificatori, so che ha costruito anche effetti per chitarra. Quello più famoso è, se non erro, l'eco a tamburo Ecorland.
CO: Sì, si chiamava proprio Ecorland, con un gioco di parole. Era un apparecchio per riprodurre l'effetto echo. All'inizio li costruivo con un volano di ferro con avvolto sopra diversi fili d'acciaio fine con un processo molto simile a quello che utilizzava Binson, ma lavorati in modo diverso.

Corland: una storia valvolare italiana

Ne feci pochi esemplari in quanto, dopo un certo tempo, le testine si consumavano ed era necessario sostituirle, Decisi quindi di passare all'uso del nastro magnetico. Steelphon ne ha acquistati molti da noi, per circa due anni. Mi davano le etichette da apporre sopra il modello finito.

E: A proposito di Steelphon. Come erano i rapporti con loro, essendo un concorrente di spicco nel panorama Torinese?
CO: Con Steelphon ero in buoni rapporti, e precisamente con il titolare Ing. Santonocito. Ogni tanto veniva a trovarmi e vedendo le casse, le targhe, i telai per serigrafia per fare i circuiti stampati, i trasformatori e altre cosette ancora, come i telai di lamiera e relativa verniciatura, mi chiedeva consigli per farli anche lui e quindi risparmiare. In sostanza eravamo concorrenti, ma in buona amicizia.

E: Come è iniziata la crisi della sua azienda?
CO: Purtroppo nel 1985 la moda della chitarra elettrica in Italia ebbe un forte calo, di conseguenza mi diedi da fare per tamponare il calo di lavoro costruendo altre apparecchiature. Mi introdussi nella vendita per le Ferrovie dello Stato e per l'Azienda Municipale Elettrica (AEM). Anche le costruzioni di altre apparecchiature nel campo elettronico mi compensò a mantenere un discreto giro di lavoro. Nel 1996, raggiunta l'età della pensione decisi di cessare l'attività a malincuore. I motivi sono vari: il cumulo di pensione e troppe tasse creavano troppe difficoltà.

E: Camillo, intervistare lei è stata un'emozione indescrivibile. Grazie mille per questo splendido viaggio nella storia della Corland.
CO: Il piacere è tutto mio, sapere che ancora oggi c'è chi usa i miei amplificatori mi scalda davvero il cuore.

L'intervista si chiude qui. Con questa pagina spero di comunicare almeno un po' dell'emozione che ho vissuto io nel ripercorrere la vita della Corland insieme al Sig. Camillo Orlando. Se vi capita di provare un amplificatore Corland, vi garantisco che ve innamorerete.

amplificatori corland gli articoli dei lettori interviste
Mostra commenti     24
Altro da leggere
Serve davvero cambiare qualcosa?
70 watt non ti bastano? Arriva a 100 watt!
Manuale di sopravvivenza digitale
Hotone Omni AC: quel plus per la chitarra acustica
Charvel Pro-Mod DK24 HSH 2PT CM Mahogany Natural
Pedaliere digitali con pedali analogici: perché no?!
Articoli più letti
Seguici anche su:
Scrivono i lettori
Serve davvero cambiare qualcosa?
70 watt non ti bastano? Arriva a 100 watt!
Manuale di sopravvivenza digitale
Hotone Omni AC: quel plus per la chitarra acustica
Charvel Pro-Mod DK24 HSH 2PT CM Mahogany Natural
Pedaliere digitali con pedali analogici: perché no?!
Sonicake Matribox: non solo un giochino per chi inizia
Ambrosi-Amps: storia di un super-solid-state mai nato
Il sarcofago maledetto (e valvolare) di Dave Jones
Neural DSP Quad Cortex: troppo per quello che faccio?




Licenza Creative Commons - Privacy - Accordo.it Srl - P.IVA 04265970964