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Il difficile mondo del vintage
Il difficile mondo del vintage
di [user #43441] - pubblicato il

Orientarsi nel vintage non è facile e anche un collezionista più navigato può trovarsi tra le mani qualcosa di sospetto. È il caso di una Telecaster del 1968 con più di un dettaglio fuori posto, esempio di un mercato in cui è necessario conoscere alcuni trucchi per muoversi a proprio agio.
Recentemente in un momento di particolare euforia ho acquistato, presso un noto esercizio commerciale della zona che tratta esclusivamente strumenti usati e vintage, una Telecaster blonde con tastiera in palissandro del 1968. O per lo meno così mi era stata proposta.
Premetto che sono un godurioso collezionista di pezzi d'epoca, ma mi sono sempre astenuto dall'acquistare Fender vintage perché a mio avviso è troppo facile prendere solenni fregature, giacché sono strumenti troppo facilmente taroccabili. Inoltre, visti i risultati ottenuti negli ultimi dieci anni dal custom shop, ritengo che i risultati ottenuti consentano di aggiudicarsi strumenti che hanno ben poco da invidiare agli originali, senza bisogno di spendere cifre irrazionali.
Ma tornando a bomba sull'acquisto, l'oggetto era appena arrivato in negozio mentre avevo appena chiuso una trattativa per l'acquisto di una ES335 del '68 a quanto pare appartenuta al mitico chitarrista dei Chicago Terry Kath e che, da quanto letto su forum di appassionati d'oltre oceano, lo stesso avrebbe utilizzato nel tour mondiale del 1976, solo due anni prima della tragica scomparsa.

Il difficile mondo del vintage

Mi accorgo dell'arrivo dell'oggetto e chiedo di provarla. Suono grosso e corposo, ricco di armonici, caratteristica non comune per strumenti di quell'epoca che solitamente sono un po' più twangosi rispetto alle Telecaster di inizio decade ma tristemente più acidi e meno ricchi di armonici.
La cosa mi incuriosisce e mi attacco a un Fender tweed Harvard della fine degli anni '50. Prova superata. La provo su un Twin Reverb del '72 e la signora suona bene. Colto da emozione ne tratto l'acquisto e il venditore, sornione e con il canino aguzzo, spara alto, molto alto, sapendo che mi era piaciuta: mi "prova la Febbre". Ok. concludiamo e porto a casa l'oggetto.

Il difficile mondo del vintage

Ivi giunto la rimiro e la provo sui miei ampli. Si passa da Bloomfield al vecchio Steve Cropper, da Muddy a Rory Gallagher. Ok, il suono è giusto. Buon affare. Me ne vado in Scozia una settimana per sfuggire alla canicola estiva e ci pensiamo al ritorno.
Al ritorno non vedo l'ora di giocare con le mie due bambine appena arrivate. Sulla Gibson non mi dilungo: è tutta lei, se vi piacciono le 335 mid sixties alla Clapton, tranquilli, è lei.
Per la Telecaster, doccia fredda! Decido di smontarla e controllarla nell'intimo: guardo la tastiera e, passata l'emozione, mi accorgo subito che qualcosa non va.
Il '68 è anno di cambiamenti dappertutto e la Fender non fa eccezione. Da quell'anno i segnaposizione sono pearloid e non più bianchi, o per essere più precisi clay dots, che è un bianco sporco. Qui il bianco richiede gli occhiali da sole per quanto fa luce e poi, udite udite, sul fianco della tastiera ci sono i regolari pearloid. Ok, tastiera rifatta con una piallata talmente fonda che ha richiesto la sostituzione dei dot con "quel che passa il convento".
Vediamo le meccaniche? due sostituite! Come fai a dirlo? Semplice: Fender nel '66 comincia a montare le prime meccaniche con la F, andando via via a rimpiazzare le care vecchie Kluson, ma la prima serie ha l'alberino più corto e misure lievemente differenti dalle successive, e nella signora in questione abbiamo quattro gambe lunghe e due nanette. Siamo partiti male, ma il meglio deve ancora venire.
Il resto del manico ha la vernice pressoché perfetta tranne in un paio di punti subito sotto la tastiera in corrispondenza dei primi tre tasti, nella zona dove appoggia il pollice e tra il dodicesimo e il 16esimo sotto, ma il legno è così chiaro e pulito che a stento si nota. Poi, nella zona di incastro del manico, si vedono abrasioni circolari di carta vetrata che qualcuno ha cercato di lucidare e far sparire.
Arriviamo al body: blonde ingiallitissimo e una finitura che al Custom Shop definirebbero heavy relic, con ammaccature sverniciature, annerimenti e abbondante crackling davanti e dietro. Tutto ok, sarà stata suonata un sacco, ma allora come mai il manico sembra intonso (tastiera a parte, naturalmente) se il corpo sembra reduce dalla guerra del Vietnam?

Il difficile mondo del vintage

Guardo il ponte: ok è il suo, ma un momento, qualcosa non va! Sellette zigrinate. È dal '64 che non si usano più. Nel '68 vogliono d'acciaio e lisce. La giro e le boccole di tenuta delle corde sono di tre tipi differenti, sebbene simili.
Mi faccio il segno della croce e levo battipenna, pickup e controlli. Il primo è coerente con il body, che per inciso ha ancora lo scasso diagonale sotto il pickup al manico: nel '68 smettono di farlo, ma diciamo che si può ancora trovare in alcune chitarre e sparisce definitivamente l'anno dopo. Ora amletico dubbio: il pickup al manico ha ancora il filo telato, anche se nel '68 si montavano i pickup a fili col rivestimento di plastica, diciamo anche qui che si possono ancora trovare i telati perché in Fender si andava per esaurimento scorte, però qui i fili telati sono verde e panna (io personalmente li ho visti per la prima volta, e voi?).
Per il pickup al ponte, a parte essere telato, se non altro i colori giallo e nero mi confortano un po'. Nel vano potenziometri, carnevale di fili telati: verdi, blu, gialli, neri e panna.

Il difficile mondo del vintage

Sospiro, chiudo tutto, rimonto la signora e la riporto al negozio.
Non so, amici, se avete idea di che cifre stanno chiedendo in America per oggetti originali in questa colorazione, ma si parla di prezzi tra i sei e i 10mila dollari a seconda dello stato di conservazione e la cifra da me sborsata era, senza entrare nel dettaglio, in quel range di prezzo. Inutile dire che alle mie doverose rimostranze c'è stato un festival di arrampicata sugli specchi per giustificare l'increscioso episodio. Comunque, chiarita la buona fede dei venditori che sono semplicemente meno ferrati sull'argomento, abbiamo negoziato un accordo per sistemare la cosa.

Ora, io sono un pignolo maledetto, ma se mi scuci dei soldini buoni che spendi ovunque senza contestazioni, non vedo perché mi devi appoggiare una chitarra che a mio avviso rientra a pieno titolo nel settore "assemblati" per una cifra che vi assicuro turberebbe la quiete familiare a molti.
Nel sollecitarvi alla massima attenzione quando fate acquisti importanti, mi piacerebbe sapere la vostra opinione sulla vicenda, su quale sarebbe la cifra giusta da pagare per un oggetto di questo tipo, quanto secondo voi possano i problemi elencati incidere sul prezzo finale della chitarra.

ndr: le foto sono indicative e non ritraggono gli strumenti descritti nell'articolo

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