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Billino scrive: A volte, capita che i critici musicali e gli addetti ai lavori in genere – per la verità soprattutto quelli europei e britannici in particolare –, deliberatamente, inventino delle categorie, dei generi che servano loro per facilitarsi il lavoro, aiutandosi, con una sorta di codice non scritto e tacitamente approvato, a capire e a far capire, in maniera più immediata, di cosa si stia parlando quando viene nominata una band. Questa forma mentis, tipicamente moderna, risponde evidentemente all’esigenza ineluttabile di doversi districare nei labirintici meandri di una società sempre più magmatica e confusa, per orientarsi nella quale pare necessario categorizzare, specializzare, dividere in settori e in comparti stagni, definire in generi e sottogeneri qualunque cosa. Ecco perchè, se un tempo avevamo, grosso modo, il rock, il jazz, il blues, il soul, il funky, il country e vivevamo tendenzialmente tutti più tranquilli, oggi ci troviamo ad aver a che fare con hard-rock, space-rock, ambient-rock, rock da camera, heavy-metal, nu-metal, new-wave, post-wave, emo-core, jazz-core, post-punk, industrial, neo-psichedelìa, giunge”, “post-grunge”, “noise” ed un’altra infinita serie di denominazioni di origine controllata che fanno sorgere il dubbio legittimo che ci siano più generi musicali che non musicisti a rappresentarli. |