di Leon Ravasi [user #4] - pubblicato il 08 ottobre 2000 ore 22:32
Disco non facile, ma nient'affatto banale. E' da ieri che lo sto facendo girare sul lettore. E passo,
alternativamente,
da stati di alterazione e irritazione a fasi di ammirazione. Canzoni a
manovella "soffre di genialita'"! Troppa. In eccesso. Ne basterebbe meno.
In
alcuni momenti sembra un disco tratto direttamente da un'altra epoca (gli
anni '30? '40?) e in altri ancora ti stupisce il suo essere fuori dal
tempo,
il suo vagare sulla luna alla ricerca di un senno che Capossela stesso deve
aver intravisto qualche volta, ma cosi' ... di sfuggita. La canzone del
Decervellamento, tratta da Jarry, e' una chicca assoluta. Ma non da meno la
Polka di Warsava, fatta di soli 8 versi "Il cielo e' fosforo/ la terra e'
cenere/ sferraglia celere/ il treno e va/ Sui bastimenti/ va la fanfara/ la
terra implora/ un altro brindisi". Irritante e da rincorrere col bastone
"Maraja'", ai limiti "Bardamu'" che alterna strofa bella a ritornello
demenziale. Dolcissima la "Canzone a manovella", nonostante
"palombaro/scafandro/boccaglio" o forse proprio per quello. Un misto tra
"La
marcia di Cip e Ciop" e un capolavoro. Qualcuno lo interdica per
"Rosamunda"
e gli elevi inni per "Solo mia". Bella "Corre il soldato", dal vago fuoco
balcanico. "Signora Luna", "Nella pioggia" e "Resto qua" sono belle pagine
un po'jannacciane. Tutto sa di Jannacci a dire il vero. Sia l'atmosfera da
circo che gli attimi più intimi e delicati. Quest'aria di polvere e pioggia
e inverno e caldarroste. Delicato acquarello "I pagliacci". Sospeso tra
Babbo Natale e le merce del periodo bellico, un miglio oltre Paolo Conte e
dimentico di Tom Waits. E' un disco ipertrofico, gonfio, strapieno. Con
piu'
strati di una torta pasqualina. Insomma da mangiare con appetito, da
spilluzzicare o da rigettare per il troppo pieno. Da amare o da
disprezzare,
ma comunque (credo) da comprare. Ce ne sono pochi di dischi cosi' in
Italia! "Una notte sul canale di Lubecca
,
in una vecchia fabbrica di polvere da sparo,
,
li' giacciono nella polvere accasciati
,
i vecchi pianoforti
,
dalla guerra abbandonati,
,
cani senza piu' padroni,
,
sull'attenti come vecchi maggiordomi
,
e in quelle casse sorde e addormentate
,
giace li' il silenzio di milioni di canzoni"
,
(I pianoforti di Lubecca)
,
Leon