Possiedo questa chitarra elettrica, dall’inconfondibile stile Strato, da qualche anno. L'ho ottenuta dal mio fratello chitarrista, scambiandola con un'altra chitarra che era in mio possesso e alquanto trasformata. Questa chitarra è un assemblaggio di varie parti. Il manico è di una Stratocaster Squier by Fender degli anni ’80, il corpo invece è di una Eko o di un Ibanez del medesimo periodo. Osservando il corpo, si può notare che è frutto dell’unione di tre pezzi, una prima tavola che copre due terzi della superficie, una striscia centrale con venature molto diverse, e una terza parte simile alla prima. Probabilmente questo corpo un tempo era verniciato con un colore coprente.
A questa chitarra furono installati tre pickup attivi EMG, frutto della moda di quegli anni andati.
Al ponte abbiamo un EMG-85 di solito installato al manico, che il produttore consiglia anche di provare in questa posizione, per generi che vanno dal blues al metal. Esso è composto di un magnete in Alnico V, al contrario del suo solito compagno, l’EMG-81, che è ceramico e consigliato per la sola installazione al ponte. Il primo è dato sul sito della EMG con un picco di risonanza di 1.87 Khz e un’uscita in tensione compresa fra 3.1 e 4.5 Vpp.
Al centro e al manico, abbiamo invece due EMG-SLV, single-coil progettati per Steve Lukather, chitarrista dei Toto. Sono anch’essi in Alnico V, dichiarano un picco di risonanza di 3.33 Khz e un’uscita compresa fra 1.0 e 3.0 Vpp.
Il resto della circuitazione, consigliata da EMG, prevede due potenziometri da 25K, anziché 250K o 500K per tono e volume, con un piccolo condensatore ceramico da 100nF per il tono.
L’utilizzo di cavi schermati sui pickup e i bassi valori d’impedenza permettono una silenziosità eccezionale, mentre i due potenziometri sono esenti da rumori indesiderati. La selezione avviene con il classico selettore a cinque posizioni, mentre una batteria da nove Volt e un jack stereo, che interrompe l’alimentazione quando si scollega il cavo, permettono un’autonomia dichiarata di circa 1.000 ore con un consumo di 80uA (milionesimi di ampere) per ogni pickup, cioè molto meno di un comune effetto a pedale.
L’uso della batteria in una chitarra tipo Stratocaster non è molto pratico perché costringe a svitare almeno parte della mascherina, ma per una rapida verifica della carica è sufficiente prendere un cavo stereo -o almeno un connettore stereo- e leggere il valore della tensione a vuoto della batteria tra l’anello e la massa, con un comune tester. Questo valore dovrà essere vicino ai nove volt, per avere una certa sicurezza sulla durata. Se la chitarra, invece, dovesse possedere un jack mono con interruttore separato, non sarà possibile questa lettura.
Mi sono deciso a modificare questa chitarra perché la posizione del ponte non permetteva una regolazione ottimale delle ottave, frutto forse d’incompatibilità dell’epoca tra marche diverse o tra manici a 21 o 22 tasti.
Per fare questo, ho dovuto chiudere i sei fori del ponte e rifarne altri spostati di 5 mm, verso la base del corpo, in modo da offrire alle sellette quei pochi mm in più per la regolazione ottimale delle ottave, prima sempre crescenti. Adesso, invece di arrivare senza risultato a fine corsa, ogni selletta ha la sua posizione ottimale con una minore compensazione della prima e quarta corda, cioè la più fina non avvolta e la più fina avvolta, e maggiore compensazione per la terza e la sesta corda.
Già che c’ero, avrei voluto rendere il suono un po’ più personale, modificando la parte elettronica con l’aggiunta di qualche componente passivo ma, poiché ciò non era possibile, ho pensato di aggiungere un piccolo interruttore con cappuccio rosso, per inserire in qualunque posizione del selettore principale il pickup al ponte, ottenendo i due nuovi suoni: ponte+manico e ponte+centrale+manico.
Soprattutto con quest’ultima combinazione, si riesce a ottenere una timbrica che ricorda abbastanza un humbucker al manico, magari chiudendo anche un po’ il tono, perché ha più volume del singolo al manico ed è molto più scuro e morbido del pickup al ponte, rendendo lo strumento sicuramente più versatile.
L’ultima personalizzazione fatta è più un vezzo che una necessità reale.
Il logo Squier aveva perso la sua prima lettera -frutto di un tentativo di cancellazione- diventando ‘quier’, che tradotto un po’ scherzosamente potrebbe significare "cos’è?", veramente brutto da vedere. Ho deciso quindi di mettere il mio nome chiamandola Tidalrace Bi-strat, essendo stata per molto tempo bi-strattata dal precedente proprietario, proprio per l’impossibilità di un’accurata intonazione.
È un semplice adesivo stampato in casa, con lo sfondo che richiama la mascherina e facilmente sostituibile con un altro, in caso fosse necessario.
Ora almeno è completamente utilizzabile, adatta a vari generi e sono sicuro che mio fratello vorrà riprendersela, appena possibile.