Con solo i controlli di Volume e Gain, più uno switch per una modalità Fat capace di alterare la pasta stessa della distorsione, il Pink Spot si rifà ai fuzz old school per riprenderne il calore, ma sfrutta l'aggressività del silicio per generare una saturazione sostanziosa e sempre compatta.Esistono essenzialmente due correnti di pensiero sui fuzz: da una parte c'è chi ritiene che un pedale del genere debba essere sgranato, nasale, tanto difficile da suonare quanto insolente da ascoltare in un mix, dall'altra ci sono i sostenitori dei toni gonfi, pieni, strabordanti di sustain e praticamente autosufficienti per un suono solista. Sebbene si rifaccia ai fuzz d'epoca, sporchi e difficili da domare, il Pink Spot strizza con decisione l'occhio alla seconda categoria grazie ad alcuni accorgimenti moderni.
Il Pink è un fuzz basato su diodi al silicio, ma selezionati e accoppiati in modo da avvicinarsi alla saturazione tipica dei vecchi diodi al germanio. Il risultato è un mix caldo e allo stesso tempo spinto.
Favorendo la facilità d'uso piuttosto che la versatilità timbrica, NGR ha deciso di dotare il pedale di un solo potenziometro per il Volume e uno per il Gain. I toni sono rimpiazzati da uno switch per la modalità battezzata "Fat" che, diversamente da come si potrebbe immaginare, non si limita al compito banale di aumentare la presenza dei bassi.
Croce e delizia di qualunque amante della categoria, i fuzz sono famosi per il modo in cui i vari controlli presenti interagiscono tra loro. All'incremento del gain solitamente corrisponde un aumento delle alte frequenze, che costringe a compensare con i toni. A loro volta, questi modificano la pasta della distorsione se vengono chiusi e ci si potrebbe ritrovare a dover dosare il gain di conseguenza, oppure ad agire di fino sulla frequenza dei medi, se è presente l'opzione. Il tutto può essere stimolante se viene affrontato con il giusto spirito di sperimentazione, ma può risultare tremendamente frustrante se si è alla ricerca di un sound specifico.
In questo, il Pink Spot viene incontro ai chitarristi stanchi di dover trovare lo
sweet spot a ogni concerto. Infatti, il pedale reagisce in modo piuttosto lineare e prevedibile. Le modifiche alla quantità di gain portano delle alterazioni nella pasta sonora, ma l'assenza dei toni permette di individuare immediatamente gli equilibri giusti, dosando Volume e Gain in relazione all'effetto desiderato.
Maggior distorsione non rende il timbro zanzaroso o sgradevole, bensì aiuta a creare un muro di suono compatto e gonfio, tutt'altro che nasale e caratterizzato da un sustain considerevole, ma comunque abbastanza reattivo al tocco e al volume della chitarra.
Mentre i fuzz in stile vintage sono spesso caratterizzati da un aumento delle armoniche superiori con il crescere del gain, nel Pink Spot è avvertibile un rigonfiamento nelle gamme più gravi, che rischiano di ingolfare quando ci si spinge verso fondo scala. L'effetto non è certo hi-fi, ma conta su più di un convinto sostenitore in ambito rock e alternative.
La riserva di gain a disposizione è considerevole per il genere, e anche ai livelli più bassi viene introdotta una buona quantità di distorsione, sufficiente ad addentrarsi nelle origini del rock. L'escursione porta fino a quello che potrebbe essere tranquillamente considerato un lead fatto e finito, abbastanza liquido da aiutare il playing nelle parti più complesse e sufficientemente dettagliato da far distinguere ogni nota sebbene l'attacco risulti sensibilmente più ammorbidito quando ci si avvicina a fine corsa.
Se ciò che vi ha trattenuti dall'aggiungere un fuzz al vostro arsenale è la paura di incappare in un suono troppo spoglio e che vi sbatta in faccia ogni errore o incertezza esecutiva, col Pink Spot non correte pericoli: tutto è abbondante, cremoso, piacevolmente compresso.